Seconda tappa del progetto “Cine Educazione”, sviluppato dall’associazione Nastro di Mobius di Squillace, con il sostegno del Dipartimento Politiche Giovanili della Regione Calabria. Si è svolta domenica scorsa nella Casa delle culture a Squillace. Un percorso pedagogico attraverso il linguaggio del cinema avviato lo scorso 22 marzo al liceo classico e artistico “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme con la partecipazione degli allievi della scuola e sviluppato dal neuropsichiatra infantile e dell’adolescenza dottor Nicola Buonomo. La tappa squillacese ha visto la partecipazione dei minori ospiti dei Sai (sistema accoglienza e integrazione) della provincia di Catanzaro gestiti dalla Fondazione Città Solidale Onlus, struttura Catanzaro minori di Squillace, centro accoglienza Casa San Martino di Settingiano e centro accoglienza Sai di Vallefiorita. Il progetto ha visto la partecipazione del regista e documentarista Rai Eugenio Lijoi e del regista e sceneggiatore Saverio Tavano, i quali, dopo la proiezione di alcuni cortometraggi a tema, hanno proposto un percorso laboratoriale con i partecipanti. In particolare, sono stati proiettati i docufilm “Sharwa”, “Your face” e “Ararat”. Quest’ultimo, realizzato da Lijoi, è un corto sull’accoglienza e sulla restanza. Si basa sulla vicenda della nave con bandiera turca che la sera del 26 dicembre del 1997 sbarcò a Badolato con 825 persone curde che trovarono subito accoglienza da parte della cittadinanza e delle istituzioni locali. I ragazzi sono stati molto attenti e interessati alla proiezione dei cortometraggi; e, superata la prima fase di imbarazzo, si sono loro stessi cimentati nella recitazione, calandosi nei panni degli attori, durante i laboratori di cinema realizzati sotto la guida di Tavano e Lijoi. «È stato un pomeriggio molto entusiasmante ed emozionante – è il commento dei partecipanti – con culture e lingue che si mescolavano. Da tutto ciò viene fuori come la Calabria abbia la vocazione dell’accoglienza che potrebbe essere una grande risorsa per la nostra terra solo se la cieca politica lo capisse».

Carmela Commodaro

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