Il filosofo, con il suo incedere disincantato, ricorda a tutti quanto fragili siano princìpi, dogmi e certezze, smascherandone l’illusione di eternità

Si celebra oggi, 17 novembre, la Giornata mondiale della Filosofia. Istituita dall’Unesco, ha luogo ogni anno il terzo giovedì di questo mese. È l’occasione per sottolineare la forza rivoluzionaria del pensiero e della ragione umani. Una rivoluzione che è nata sulle sponde dell’Asia Minore (se pensiamo alla scuola di Mileto), per poi trovare nell’antica Grecia e nell’Italia meridionale (Crotone, Elea) quegli spazi necessari per maturare, ampliare i propri orizzonti, accogliere nuove sfide.
Da quella scintilla iniziale sono passati oltre 2.500 anni, ma la filosofia mantiene immutata la forza straordinaria delle sue origini e, oggi, è ancora viva e vitale. Lo è, possiamo anche aggiungere, nonostante tutti gli sforzi che il tempo ha operato per tentare di spegnerne il fuoco, prima con l’acqua della religione e poi con quella della scienza. Prima i dogmi della fede e poi quelli del cosiddetto “progresso” hanno provato a ridurre al silenzio il dubitare del filosofo che cerca oltre i sentieri tracciati, le linee rette, le convenzioni imposte.
Certo, in parte, il pensiero filosofico non ambisce più a quelle verità che medicina, matematica, fisica, astronomia, psicologia, ecc. hanno ormai conquistato come proprio specifico campo d’azione. Però è pur vero che tutte le domande fondamentali dell’esistenza umana restano irrisolte e continuano a sollecitare il pensiero autonomo e critico. In altre parole, il pensiero filosofico.
Conoscenza e azione, bene e male, giustizia e umanità, linguaggio e comunicazione, intelligenza e tecnologia sono i tanti e sterminati territori nei quali ancora oggi può lanciare il proprio sguardo la filosofia, non contrapponendosi alle scienze moderne, ma al contrario supportandole.
Il filosofo, con il suo incedere disincantato, ricorda a tutti quanto fragili e vacui siano principi e certezze, smascherandone l’illusione di eternità.
“Panta rei” non è solo uno dei più celebri aforismi filosofici, ma un perenne invito alla consapevolezza dei limiti della nostra condizione umana. Non misera, peraltro, né costretta all’infelicità. Al contrario, piena e libera proprio perché forgiata da quel pensiero creativo che nella filosofia trova la propria linfa.

Francesco Pungitore

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