Si avvicina la festività di San Giuseppe, il 19 marzo. Una devozione molto sentita anche a Squillace. In questi giorni a ricordarlo è l’ex sindaco ed ex presidente della Regione Guido Rhodio, memoria storica della nostra città. Rhodio parte «dall’iniziativa che i vescovi squillacesi Morisciano e Barberi inoltrarono, tra i primi, a Papa Pio IX per determinare la decisione pontificia che in quest’anno festeggiamo, aggiungendo che a Squillace il culto a San Giuseppe fu sempre particolarissimo. La festa, celebrata in cattedrale, preceduta dai “mèrculi ‘e san Giuseppa” e dalla novena, era sempre tra le più solenni e partecipate, con processione e bande, incentrata sulla attenta promozione curata dalla famiglia Strongoli, da cui era stata già donata forse nell’Ottocento la statua che oggi vediamo nuovamente esposta. Ricordo tutte le iniziative che col sostegno di tale famiglia si facevano: il sorteggio di regalie in denaro e abiti da sposa per le ragazze povere, onde favorire il loro matrimonio; ‘u cumbìtu; la banda che all’ora di pranzo si fermava e suonava sotto la casa di quanti portavano il nome Giuseppe, ricevendo i musicanti ringraziamenti con offerta di cibaria e, se si poteva, di fiaschi di vino. ‘U cumbitu si svolgeva con un rituale inappuntabile: si approntava normalmente in casa della famiglia promotrice, con piatti selezionati e assolutamente immancabili: pasta e ciciari (come il bastone fiorito di San Giuseppe); baccalà; posa e cicori, ecc., ed era servito da 12 ”verginelle” (ragazze non sposate) che aiutavano la padrona di casa e talvolta recapitavano i piatti principali presso parenti o ammalati impediti. Con la venuta del vescovo Fares e la coeva istituzione della festa di San Giuseppe artigiano decisa dal grande Papa Pio XII, la festa si potenziò e la famiglia Strongoli – àuspici soprattutto il Cav. Pasquale e i figli Ing. Prof. Giuseppe, e avv. Orlando Senior -, si realizzò nel 1953 la nuova statua in bronzo (opera artistica dello scultore concittadino Riccardo Assanti, illustre figlio del Generale Patriota, ma su disegno del prof. Ugo Ortona); il nuovo altare marmoreo; il progetto per la costruzione della chiesa a San Giuseppe artigiano in contrada Jizzeni, che per vari motivi non si poté poi realizzare». Rhodio poi rende noto un intervento dell’avvocato Orlando Strongoli jr., il quale racconta che «la devozione a San Giuseppe artigiano è una lunga tradizione di famiglia che risale alle nostre origini-trascorsi napoletani durante il XVIII e XIX sec. Tale devozione si è concretamente realizzata in costanti opere di beneficenza che grazie al mio bisnonno Pasquale sono state formalizzate con il legato testamentario così detto di “San Giuseppe” del quale ad oggi sono esecutore per nomina diretta di mio nonno Orlando che lo è stato prima di me. Prima del legato testamentario che risale al 1954 il mio bisnonno, ancora in vita, provvedeva annualmente a donazioni in beneficenza in onore a San Giuseppe per il tramite della diocesi di Squillace. Tra tali opere benefiche si possono annoverare l’organizzazione del convito in favore dei poveri e che, probabilmente tu ricorderai nella sua versione “moderna” quale semplice occasione conviviale tra gli squillacesi, ma che in origine serviva per sfamare i più bisognosi. In questa occasione tutti gli operai e collaboratrici della famiglia partecipavano ai lavori preparazione e il tutto avveniva nel largo Baldaya (a me piace continuarlo a chiamare così). Altra importante opera di beneficenza fu la donazione del terreno al fine di realizzarvi la Casa del Fanciullo poi divenuta scuola d’arte, ecc. Nell’ambito del legato testamentario di cui sopra, il mio bisnonno ha dato disposizioni affinché, per mezzo dei proventi derivanti dalla rendita di alcuni immobili, ogni anno fosse finanziata la dote di una ragazza bisognosa (il cui nominativo veniva sorteggiato tra quelli sottoposti alla famiglia dai sacerdoti delle varie parrocchie). Inoltre, ogni anno continuava ad essere organizzato il convito. Tuttavia, col tempo le esigenze cambiano e così le forme di beneficenza si sono adeguate ai tempi, pertanto, con discrezione ogni anno si provvede per il tramite della parrocchia della cattedrale alle esigenze delle famiglie più bisognose con ciò mantenendo una tradizione di beneficenza che risale a più di 60 anni fa. Quanto alla statua di San Giuseppe posso precisarti che anche la realizzazione di questa insieme all’altare è stata finanziata dal mio bisnonno, ma oltre a questa ne furono realizzate tre più piccole. Le statue furono si realizzate dallo scultore Assanti, ma il disegno è opera del prof. Ortona di Borgia, che tu sicuramente hai conosciuto (ho memoria di una foto che vi ritrae insieme in occasione dell’estemporanea di pittura organizzata in occasione proprio di una festa di San Giuseppe negli anni 70)». Tradizioni suggestive che si perdono nel tempo e che continuano ad essere ricordate e mantenute: si spera che le donazioni della famiglia Strongoli, per il tramite della Chiesa diocesana, possano trovare concreta attuazione anche ai giorni nostri.

Carmela Commodaro

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