Non ha opposto alcuna resistenza nel momento in cui i Carabinieri hanno fatto irruzione in un’abitazione a Sant’Onofrio per catturarlo consegnandosi così pacificamente alle forze dell’ Ordine. È finita così, in una piovosa serata di agosto, la latitanza di Domenico Bonavota, esponente di spicco della malavita organizzata del Vibonese, da due anni latitante, considerato il capo dell’ala militare dell’omonimo clan di Sant’Onofrio. Era ricercato da due anni e su di lui pendevano diverse misure preventive. Era stato condannato all’ergastolo nel processo scaturito dall’operazione Conquista perché accusato degli omicidi di Raffaele Cracolici e Domenico Di Leo, avvenuti a Pizzo e a Sant’Onofrio tra il maggio e il luglio del 2004. Era destinatario, inoltre, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito della maxi inchiesta Rinascita Scott. Sfuggito all’arresto insieme al fratello Pasquale (che resta latitante e attivamente ricercato), Domenico non ha opposto resistenza al momento dell’irruzione dei carabinieri nella casa al centro di Sant’Onofrio dove si nascondeva presumibilmente dall’inizio della latitanza. Al vaglio degli inquirenti adesso c’è la posizione di chi ha favorito in questi mesi la sua protezione. L’ operazione è stata condotta dal Nucleo Operativo dei Carabinieri agli ordini del Maggiore Vittorio Palmieri e del Capitano Alessandro Bui col supporto dello squadrone dei Cacciatori, i quali hanno rintracciato il pericoloso latitante in una casa del piccolo centro alle porte di Vibo, rifugiato presso una famiglia di “insospettabili”. Domenico Bonavota risulta indagato anche nell’inchiesta Imponimento contro il clan Anello di Filadelfia, storico alleati della “famiglia” di ‘ndrangheta di Sant’Onofrio.

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