CATANZARO –  “Dopo l’incursione della trasmissione televisiva “Le Iene” si è parlato tanto, pure troppo, di viale Isonzo e della situazione di degrado in cui versa questa periferia estrema della città. Forse il detto “nemo profeta in patria” vale anche per i giornalisti locali, visto che tanti cronisti raccontano e descrivono da anni l’abbandono e il disagio sociale di questa parte di città dimenticata da Dio e dall’Amministrazione comunale, solo senza il clamore e il sostegno dell’eco di una testata nazionale. E di cosa nello specifico si scandalizzano i catanzaresi?”. Se lo chiedono Fulvio Scarpino, Alberto Tiriolo e Saverio Macrina, componenti del direttivo del Centro studi Politico-Sociali “Don Francesco Caporale”. “Non sapevano che viale Isonzo è il quartier generale del degrado abitativo della periferia sud della Città e che la mancanza di lavoro per gli adulti abili, e lo sfruttamento dei minori sottratti alla istruzione obbligatoria, ha favorito la crescita esponenziale delle attività criminali in quella zona, prima di tutto dello spaccio e delle estorsioni a mezzo di “cavallo di ritorno” (vale a dire il riscatto pagato da quanti vengono derubati della propria auto per averla indietro)? I nostri concittadini – scrivono ancora Scarpino, Tiriolo e Macrina – che sono attenti lettori e fruitori di giornali cartacei e on line hanno forse dimenticato le tante inchieste giudiziarie che hanno portato all’arresto di decine di criminali di etnia rom dediti allo spaccio, e di altrettanti professionisti, imprenditori ed rispettabili cittadini dediti al consumo di cocaina? Un mercato florido, quello del consumo di droga, alimentato da una piazza molto attiva nella richiesta e nella fruizione. E questo è un primo dato: la richiesta alimenta l’offerta, e quindi la delinquenza. Ergo: quanti si recano in quelle zone franche dove la legalità non ha mai avuto accesso sono corresponsabili di quel degrado della periferia sud di Catanzaro che diventa una nuova Scampia, piazza di spaccio dove trovare qualsiasi tipo di sostanza stupefacente”. “E i nuclei familiari che sono rimasti vivono una grave situazione di emarginazione sociale e di timore – continua ancora la nota -. Vogliamo parlare anche dell’emergenza abitativa che non ha mai trovato, finora, risposte concrete da parte del settore Politiche sociali del capoluogo? Attenzione, non vogliamo dare colpe a nessuno ma solo riflettere assieme per individuare possibili soluzioni. Si è consolidato nel tessuto urbano un grave degrado che ha cagionato la nascita di veri e propri “ghetti”, per quel che concerne i quartieri dove sorgono gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, amplificando a dismisura le problematiche di categorie soggetti già disagiate. Molte sono le richieste di cambio alloggio da parte di coloro i quali hanno una regolare assegnazione di un alloggio; del pari quanti sono pressati dalle continue minacce vanno via senza dare comunicazione agli uffici competenti, vittime inermi delle intimidazioni. Nello stesso tempo molti sono stati i cambi di residenza concessi negli anni passati a famiglie di etnia rom di altre province che in questo modo hanno potuto lasciare altri comuni per approdare a Catanzaro, accrescendo quella situazione di degrado a Viale Isonzo, nel silenzio complice del Settore Politiche sociali. Chi ha permesso il trasferimento in abitazioni occupate abusivamente di migliaia di cittadini italiani di etnia Rom, proveniente da Gioia Tauro e da Lamezia Terme a Catanzaro? Intanto si continuano a rilevare che con una frequenza quasi quotidiana si verificano devastazioni di alloggi, l’asporto di caldaie,sottrazione di elementi radianti, portoncini d’ingresso, componenti idrico-sanitari e di impianti elettrici (addirittura mediante sfilamento di cavi, asporto di interruttori, placche, frutti). Il tutto con un pregiudizio per l’Ente gestore, l’Aterp, in termini economici di migliaia di euro, per fronteggiare il quale l’ATERP Calabria non dispone più delle necessarie risorse finanziarie pena il default di tutta l’Azienda Regionale di edilizia residenziale pubblica”. “Se vogliamo condurre una analisi franca e produttiva per approdare a soluzioni possibili dobbiamo partire da queste riflessioni concrete. Forse, le Amministrazioni comunali che si sono succedute avrebbero dovuto ridisegnare il concetto di welfare pensandolo come grande terreno di innovazione – prosegue ancora la nota dei componenti del direttivo del Centro studio “don Francesco Caporale -. Sarebbe necessaria una discontinuità su queste politiche, spesso intese in modo assistenziale prospettandole come le principali politiche per la crescita legale, sociale e umana della città capoluogo senza mai pensare che le politiche sociali siano solo un spreco di risorse pubbliche. Le cose si cambiano con una rivoluzione culturale che non può che partire dall’educazione delle giovani generazioni. Forse non sarebbe pensato azzardare all’applicazione dei figli dei delinquenti di etnia rom di provvedimenti analoghi a quelli applicati ai figli degli ‘ndranghetisti: provvedimenti di sottrazione o limitazione della patria potestà, e quindi di allontanamento del nucleo famigliare, decisi del tribunale per i minorenni o del tribunale civile, che nell’ambito dei procedimenti civili hanno lo scopo di proteggere il figlio da trascuratezza, maltrattamenti o violenze poste in essere dai genitori. Le Politiche sociali dovrebbero occuparsi anche dei bambini di etnia rom che continuano ad essere vittima di soprusi e bullismo a causa del razzismo pervasivo. Per molto meno i servizi sociali sarebbero intervenuti su genitori “italiani”. Rimettiamo la nostra riflessione a chi di competenza, sapendo di poter contare sulla sensibilità e competenza del presidente del Tribunale dei minori, la dottoressa Chiodo. Anche la Politica – concludono Scarpino, Tiriolo e Macrina – dovrebbe dare un segno concreto di collaborazione cambiamento: sarebbe il caso che volontariamente tutti i politici e gli amministratori ma anche le i dipendenti delle Pubbliche amministrazioni e chiunque abbia un incarico pubblico si sottoponesse volontariamente ad un controllo test antidroga. Parlare e facile essere conseguenti a proclami molto meno”.

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