CATANZARO – C’e’ anche l’ex deputato e sottosegretario Pino Galati tra gli indagati dell’operazione Quinta Bolgia, che ha portato in carcere e ai domiciliari complessivamente 24 persone. I provvedimenti sono stati eseguiti dalla Guardia di Finanza di CATANZARO con la collaborazione dello Scico di Roma. Sequestrati beni per un valore di dieci milioni di euro. Dal 2010 e sino al 2017, questo gruppo imprenditoriale ‘ndranghetistico avrebbe continuato a operare in assenza di una gara formale, “a seguito di plurime, reiterate oltre che illegittime proroghe – scrivono i finanzieri -, in alcuni casi addirittura tacite, ottenute in considerazione dei privilegiati rapporti tra i vertici del gruppo criminale e numerosi appartenenti di livello apicale dell’Asp di Catanzaro all’epoca in servizio, tra i quali Giuseppe Perri (gia’ commissario straordinario e poi direttore generale fino all’agosto 2018) e Giuseppe Pugliese, gia’ direttore amministrativo sino all’ottobre 2017, e ancora in servizio, quali Eliseo Ciccone (gia’ responsabile suem “118” ed ora destinato ad altro incarico) nei cui confronti vengono contestati plurimi episodi di abuso d’ufficio”. Analoghe condotte, con l’aggravante della finalita’ mafiosa, vengono contestate anche a due esponenti storici della politica lametina, che secondo gli investigatori avrebbero “rappresentato l’anello di congiunzione tra il contesto ‘ndranghetistico e la dirigenza Asp coinvolta”. Il primo, Giuseppe Galati, gia’ piu’ volte parlamentare e componente, con incarichi di assoluto rilievo, di tre compagini di governo delle passate legislature. Il secondo, Luigi Muraca 50 anni, ex consigliere del Comune di Lamezia Terme, sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2017. Il primo filone d’indagine, condotto dal Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro, riguarda l’individuazione, la ricostruzione e la disarticolazione di due sottogruppi di ‘ndrangheta operanti nel territorio di Lamezia Terme e riconducibili alla cosca confederata degli “Iannazzo-Cannizzaro-Daponte”. Due gruppi imprenditoriali ‘ndranghetistici avrebbero realizzato nel corso degli anni quello che i finanzieri definiscono “un assoluto monopolio, nel redditizio settore delle autoambulanze sostitutive del servizio pubblico, delle onoranze funebri, della fornitura di materiale sanitario, del trasporto sangue”. Il primo, il Gruppo Putrino, sarebbe riuscito dal 2009 ad acquisire una posizione di dominio, “aggiudicandosi – scrivono gli investigatori – la gara di appalto relativa alla gestione del servizio sostitutivo delle ambulanze del 118 bandita dall’Asp di Catanzaro”. Nel 2017 il Gruppo Putrino e’ stato colpito da un provvedimento antimafia emesso dalla prefettura di Catanzaro. In quel momento si sarebbe inserito il secondo sottogruppo di ‘ndrangheta, il “Gruppo Rocca”, anch’esso operante negli stessi settori economici che avrebbe iniziato a operare nello stesso settore. Gli investigatori parlano di una situazione di “assoluto allarme sociale presso il nosocomio di Lamezia Terme dove, specie all’interno del reparto di pronto soccorso, gli accoliti dei due gruppi criminali hanno imposto un controllo totale occupando manu militari gli spazi, instaurando un regime di sottomissione del personale medico e paramedico operante”. I dipendenti dei due gruppi imprenditoriali avrebbero avuto “la disponibilita’ delle chiavi di alcuni reparti dell’ospedale, la possibilita’ di consultare i computer dell’asp onde rilevare dati sensibili in merito a degenti, l’ingresso presso il deposito farmaci dedicato alle urgenze del pronto soccorso” In tale filone sono stati sottoposti a misura cautelare 19 persone a vengono contestate a vario titolo l’associazione di stampo mafioso, delitti contro la P.A., l’industria ed il commercio. Sequestrati beni per un valore complessivo di 10 milioni di euro. Il secondo filone dell’indagine riguarda invece condotte illecite nell’affidamento e nella gestione del “servizio autombulanze occasionale e su chiamata” gestito dall’Azienda Sanitaria provinciale di Catanzaro. “Le indagini hanno fatto emergere un’allarmante carenza tecnica e organizzativa in capo all’ATS, che aveva dato esecuzione al servizio con ambulanze non adeguate da un punto di vista meccanico (freni e luci non funzionanti, cambio difettoso, problemi alla frizione, revisioni non effettuate) e non provviste di adeguate dotazioni elettromedicali (non munite di termoculla per il trasporto di neonati, ossigeno scaduto o non presente). Non meno preoccupante e’ quanto emerso in merito alla circostanza dell’impiego di personale non qualificato e non provvisto delle adeguate abilitazioni professionali”, scrivono i finanzieri. (ITALPRESS)

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