Chiudo questa esperienza, delle elezioni provinciali, con la consapevolezza di aver dato il massimo e, seppur nella sconfitta, di aver portato a casa una vittoria.
Si può perdere, infatti, ma non essere vinti nelle idee, nel progetto e anche nei numeri.
Perché ho ricevuto 423 voti singoli di preferenza (54,02%) contro i 360 (45,98) ottenuti da Abramo.
Conoscevo le “regole del gioco” e il calcolo in base al voto ponderato ha trasformato quei numeri nell’elezione a presidente del sindaco di Catanzaro, al quale auguro buon lavoro.
In questa esperienza ho creduto fin dall’inizio, anche quando tutto e tutti suggerivano cautela e annunciavano sconfitte schiaccianti. Ci ho creduto perché vengo dai territori e dalla trincea dell’amministrazione di un Comune, dove si è abituati a combattere quotidianamente per affermare i diritti nei nostri cittadini, dove il bisogno si misura con l’esiguità di fondi, dove alle volte la solitudine può prevalere. Fin dai primi giorni ho ritrovato accanto a me compagni di viaggio generosi e carichi di entusiasmo, una rete di amministratori che ha intravisto in me un’occasione di riscatto e di affermazione di una politica immersa nella gente e non nei palazzi. Non ho dato nulla per scontato, abbiamo lavorato fino all’ultimo centimetro per centimetro, voto per voto, Comune per Comune ed è stato così che nelle urne ho ritrovato consensi superiori rispetto a quelli pronosticati dai più. Anche Catanzaro, piazza oggettivamente difficilissima per via degli equilibri politici dominanti, si è rivelata foriera di sorprese.
Non ce l’abbiamo fatta per un soffio, ma abbiamo dimostrato che è possibile infrangere i luoghi comuni, abbattere le strategie di palazzo con la forza delle idee e del buon senso. Questo patrimonio non andrà disperso, lo devo a chi ha creduto in me, lo devo alla mia terra che anche nell’amarezza di una sconfitta sa regalarti i semi per un nuovo raccolto.

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