In una terra come la Calabria, più volte finita sotto i riflettori per le difficoltà nella creazione di condizioni economiche migliori, è difficile accettare la circostanza che a bloccare un pezzo di quello sviluppo sia proprio la burocrazia e l’incapacità, talvolta amaramente palesata dalla Regione Calabria, di dar seguito alle politiche di investimento e di sviluppo tanto del governo centrale e della Comunità Europea. Ho appurato quanto riportatomi da un noto e stimato imprenditore calabrese circa le difficoltà relative allo sblocco delle risorse destinate alla Calabria per il finanziamento alle imprese nelle aree di crisi non complesse. I fondi del Ministero dello Sviluppo Economico, circa 6 milioni di euro, destinati alla regione Calabria e per i quali era previsto una compartecipazione dei fondi Por-Fesr 2014-2020, sono bloccati da mesi nonostante gli uffici ministeriali si stiano interessando alla pratica e abbiano sollecitato l’assessorato regionale alla attività produttive. Ho verificato personalmente presso il Ministero, infatti, che in data 1 agosto scorso, con una pec ministeriale veniva inoltrata all’assessorato regionale allo Sviluppo Economico una bozza di accordo di programma per la quale era richiesta l’approvazione regionale. Un passaggio fondamentale per sbloccare i fondi e portare a compimento il percorso di sostegno alle imprese che, attraverso i Comuni ammessi, ne avevano fatto richiesta. Tra queste, in Calabria, ci sono grandi realtà imprenditoriali che puntano ad internazionalizzarsi e piccole realtà che puntano a consolidarsi sul mercato interno. E i Comuni coinvolti sono quelli in cui un insediamento produttivo florido potrebbe fare la differenza in termini occupazionali. Ad oggi, quindi a ben 7 mesi da quella email, nessuna risposta è stata fatta pervenire dagli uffici della Regione a quelli del Ministero, nonostante un ulteriore sollecito di questi ultimi, datato 22 gennaio scorso. E i tempi stanno per scadere: il bando, che già era stato prorogato per venire incontro ai ritardi di alcune regioni italiane, si chiuderà ad aprile prossimo e la Calabria potrà dire addio ai fondi. La vicenda ha del grottesco se si pensa che dal 9 luglio, giorno in cui si è dimessa l’assessore regionale allo Sviluppo Economico Carmen Barbalace, le deleghe e le competenze in materia sono rimaste in mano al presidente Mario Oliverio che, evidentemente, non può far fronte agli impegni e intimamente connessi alle tante deleghe che già trattiene, al punto da non riuscire a far evadere pratiche che avrebbero il sapore della boccata di ossigeno per il scomparto industriale ed economico calabrese. Non è possibile tacere, allora: abbiamo il dovere morale, prima ancora che istituzionale, di dar conto ai cittadini delle azioni che si devono mettere in campo per promuovere uno sviluppo rispettoso delle vocazioni della nostra terra e nel solco della legalità. Ancor di più sento questo preciso dovere per il particolare ruolo di Presidente della commissione regionale anti ‘ndrangheta che ho l’onore di ricoprire in seno all’alto consesso regionale. La mafia la si combatte innanzitutto con il lavoro e restituendo al popolo calabrese quella dignità che gli è stata tolta negli anni per assoggettarlo al giogo delle clientele e delle devianze ‘ndranghetiste. Mi auguro, anzi pretendo, che il governatore trovi il tempo di rispondere ad una email del Ministero dello Sviluppo Economico, liberando l’opportunità per alcune imprese calabresi e quindi per i loro lavoratori, di guardare al presente e al futuro con ottimismo. Sono convinto che nessuno lo avrà informato né della importante scadenza né, tantomeno, dei reiterati solleciti ministeriali. Ma questa non sarebbe una giustificazione. Semmai dimostrerebbe ancora una volta che bisogna imprimere un cambio di rotta all’azione di governo regionale. Dimostriamo con i fatti, il governatore, la Giunta e l’intero consiglio regionale, che un altro modo di intendere la politica è possibile anche a queste latitudini.

Indietro