Una “città più libera”, Catanzaro, così l’ha definita il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, dopo l’operazione congiunta ‘Passo di salto’ che ha portato all’arresto di 48 persone accusate a vario titolo dei reati di produzione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Stavano inondando di droga il capoluogo, arrivando fino alle scuole. L’operazione è stata coordinata dalla Dda di Catanzaro – dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dai sostituti Domenico Guarascio e Paolo Petrolo – e condotta dal Nucleo investigativo dei Carabinieri di Catanzaro e dalla Squadra mobile della Questura del capoluogo. “Abbiamo arrestato 48 venditori al dettaglio di cocaina, eroina e hashish, un numero rilevante per una città come Catanzaro – ha detto il procuratore capo Nicola Gratteri -. Sono quelli che da almeno 10 anni controllano la distribuzione delle droghe davanti alle scuole, nelle piazze, dove ci sono i ragazzi che sono i maggiori fruitori di questa sostanza stupefacente. La cosa allarmante è che questa organizzazione si riforniva da una ‘ndrangheta di serie A, dai clan di San Luca, del Crotonese, di Gioiosa Ionica. Questo vuol dire che era una organizzazione ritenuta affidabile perché altrimenti le consorterie non le avrebbero venduto la cocaina, l’eroina o l’hashish”. “Siamo soddisfatti perché – ha spiegato Gratteri – abbiamo bisogno anche di questo tipo di indagini. Non solo le operazioni sui grandi traffici internazionali o quelle con sequestri di tonnellate di stupefacente sono importanti anche le indagini che stroncano la vendita al dettaglio perché noi dobbiamo preoccuparci anche della sicurezza e della vivibilità delle famiglie e dei cittadini”. L’indagine ha avuto inizio nel 2009 mentre si indagava su due omicidi, quelli di Giuseppe Fraietta e di Luigi Grande. C’è una prima fase in cui quella che viene definita l’impresa Mirarchi, dal nome del collaboratore di giustizia che all’epoca ha avuto un ruolo di spicco nello spaccio dello stupefacente a Catanzaro, è una impresa conduzione quasi familiare, poi c’è “un secondo step in cui l’impresa si allarga – spiega il colonnello Alceo Greco, comandante del Nucleo operativo dei carabinieri di Catanzaro – e si cominciano ad avere canali di approvvigionamento molto più rilevanti dalla Locride e dal Crotonese”. “Ad un certo punto dalle intercettazioni emerge la voglia di fare come Scampia – spiega Greco – quindi con particolari di vendita dietro un cancello con un buco in modo che lo spacciatore non si veda”. Il desiderio non nasce per emulare Scampia ma perché era il mercato degli acquirenti che consentiva all’organizzazione criminale di porre in essere un modello come quello campano. “L’organizzazione era forte e ben radicata sul territorio – prosegue Greco – tanto è vero che le attività di riscontro sono state fatte con grande oculatezza da parte della polizia giudiziaria e con l’uso di telecamere a grossissima distanza”. C’era un linguaggio criptico per definire lo stupefacente che veniva definito ‘prosecco’ o ‘prosciutto’ o con altre denominazioni a seconda dei casi.

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