Stamattina lo scrittore e giornalista Filippo Veltri ha presentato il suo nuovo libro, Cambia Calabria che l’erba cresce, pubblicato nel 2017 dalla casa editrice Rubbettino, in un contesto davvero insolito: la sala teatro della Casa Circondariale di Siano, alla presenza del direttore del carcere di Catanzaro, Angela Paravati, del coordinatore del laboratorio di lettura e scrittura della struttura, il docente Nicola Siciliani De Cumis, e di molti detenuti. L’opera, raccolta delle idee espresse negli editoriali pubblicati sul Quotidiano del Sud, è un atto di accusa alla politica calabrese condotta attraverso un ragionamento pacato. Per quanto insolita, la cornice di stamattina appare in realtà estremamente adatta a quello che è lo spirito del testo: il carcere, per non essere inutilmente afflittivo, deve essere un luogo di cambiamento ed i capitoli del libro sono divisi proprio in due categorie: “La Calabria da cambiare” e “La Calabria cambiata”. La direttrice Angela Paravati si è soffermata sull’importante messaggio dell’opera, che vuole “ dare voce alle realtà positive, sia imprenditoriali che di volontariato, che ci sono in Calabria” come stimolo al cambiamento, possibile solo in base all’imperativo “Cambiare prima noi stessi”. Il docente Nicola Siciliani De Cumis ha sottolineato come il titolo del testo “Cambia Calabria che l’erba cresce”, sia pieno di significati e di sorprese, rispetto alla versione pessimistica della nota battuta “Campa cavallo che l’erba cresce” a cui si ispira, rovesciandola. Un titolo che, come ha evidenziato un detenuto in un intervento, è “un invito alla classe politica ad affrettarsi, perché la società civile va veloce, e va avanti indipendentemente dall’immobilismo istituzionale”. I detenuti, che seguono i corsi scolastici superiori all’interno della struttura ed hanno preso parte al laboratorio di lettura e scrittura creativa con l’assistenza delle volontarie Giorgia Gargano e Ilaria Tirinato, hanno partecipato al dibattito con interesse. L’ampia esperienza professionale dell’autore lo ha portato a comprendere le ragioni degli altri, senza pregiudizi. Filippo Veltri è stato cronista de l’Unità, il quotidiano del Partito comunista italiano e poi ha lavorato all’Ansa diventando poi il direttore della sede regionale della Calabria. I suoi precedenti libri, Calabria dolente e Calabria dolente 2.0, che sono stati pure presentati qui, nel corso di precedenti dibattiti, erano una presa d’atto di una realtà che non è stata mai facile da raccontare; farlo diventa ancora più difficile in un contesto caratterizzato da nuovi media, in cui la comunicazione tende pericolosamente a travestirsi da informazione. Nel libro presentato oggi emerge un cauto ottimismo che è anche la richiesta di cultura vera, di prima mano, simile a quella offerta dall’esperienza, descritta nelle pagine del testo, del doposcuola messo su da due suore palermitane a favore di sessanta bambini di San Luca, Benestare e Bovalino, in un territorio che è considerato da sempre una roccaforte della ’ndrangheta. Il carcere di Catanzaro, da contenitore di marginalità, mira a diventare contenitore di cambiamento, attraverso l’istruzione ed il lavoro. E’ lo stesso percorso che dovrebbe fare l’intera regione Calabria, distaccandosi da quella debolezza delle classi dirigenti che hanno favorito l’infiltrarsi della ’ndrangheta nei punti vitali della politica, delle istituzioni, dell’economia. Nelle conclusioni Veltri, visibilmente commosso, ha confermato la sua disponibilità a tenere questi incontri in carcere anche in futuro, ribadendo il principio secondo cui prima di lamentarsi bisogna agire ed è responsabilità di ognuno essere artefici del cambiamento.

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