CATANZARO, – “Avevano già dissotterrato le armi e si accingevano a usarle a compiere un omicidio. Non potevamo aspettare altrimenti l’indagine sarebbe proseguita”. Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha spiegato, nel corso di una conferenza stampa a Catanzaro, perché è stato necessario procedere con il fermo nel crotonese nei confronti di 12 persone ritenute appartenenti alla locale di Petilia Policastro, legata al Crimine di Cirò e con forti addentellati anche con le cosche di Isola Capo Rizzuto. “Nel corso di questa indagine, fatta molto bene dai carabinieri di Crotone e coordinata dai pm Paolo Sirleo, Domenico Guarascio e Pasquale Mandolfino – ha aggiunto Gratteri – abbiamo più volte documentato riti di affiliazione, riunioni di ‘ndrangheta, e il fatto che i soldi di molte estorsioni fatte a villaggi come il Palumbo Sila o imprenditori dell’alto crotonese venivano poi versati nella bacinella del sodalizio. Nel corso delle intercettazioni si parla di una grande disponibilità di armi, tra le quali mitra e kalashnikov. Gli indagati parlano di frigoriferi e congelatori dismessi pieni di armi, sotterrati e a disposizione dell’organizzazione”. L’indagine, ha spiegato il colonnello Gabriel Mambor, comandante provinciale dei carabinieri di Crotone, “ha consentito di operare un’azione di contrasto nel territorio presilano che è particolarmente difficile sul piano orografico, particolare che tende a facilitare le cosche che credevano di poter operare indisturbate”. Tra le altre cose è stata fatta luce sull’omicidio dell’allevatore Massimo Vona, di 44 anni, scomparso il 30 ottobre 2018. “Si parla – ha detto Mambor – di una risoluzione interna alla locale di Petilia Policastro nei confronti di una persona, Vona, che, si comprende dalle indagini, era diventata particolarmente difficile da gestire”. Di Vona non è stato mai trovato il corpo ma, ad inizio 2018, venne trovata la sua auto carbonizzata vicino a Petilia Policastro. “Vona – ha detto Mambor – già mesi prima della scomparsa, era stato oggetto di azioni intimidatrici, come l’incendio della sua stalla nel corso del quale erano morti parecchi animali. Vona si era attivato, attraverso i contatti che aveva nella locale di Petilia, per individuare i colpevoli senza rendersi conto che si era rivolto proprio alle persone che da diverso tempo ordivano queste trame finalizzate a ridimensionarlo. Il giorno della scomparsa era stato convocato con la scusa di portarlo al cospetto degli autori dell’incendio. Un altro episodio che si è ritorto contro Vona è stato il suo intervento nei confronti di un esercente perché non licenziasse una dipendente sua amica. Vona non sapeva che in realtà questa sua conoscente stava per essere licenziata per fare posto a persone gradite agli amici della locale di Petilia”. I carabinieri hanno inoltre documentato una serie di estorsioni a Villaggio Palumbo, nella Sila crotonese, episodi di usura e recupero crediti condotti con modalità violente ed è emersa, ha detto Mambor, “la rete di contatti che l’organizzazione aveva intessuto con cosche importanti come quella di Cirò Marina e Isola Capo Rizzuto”. “Abbiamo testimoniato l’influenza della ‘ndrangheta petilina nella zona”, ha spiegato il comandante della Compagnia di Petilia Giuseppe Del Sole. (ANSA).

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