Cala il sipario sulla XX edizione del Kaulonia Tarantella Festival, una kermesse che, nel rispetto del sottotitolo “Musica e Cultura etnica”, sarà certamente ricordata per i diversi temi toccati dai numerosi appuntamenti offerti dalla manifestazione.
L’incontro e il confronto tra culture diverse sono stati infatti al centro delle attività didattico-divulgative che, fin dal convegno d’apertura, hanno permesso al pubblico di entrare in contatto con i temi cari alla tradizione non solo meridionale. L’incontro “L’Estetica dell’Identità”, tenutosi il 30 luglio presso l’Auditorium Casa della Pace “Angelo Frammartino” di Caulonia Marina, infatti, ha permesso a musicisti, etnomusicologi, antropologi e filosofi di confrontarsi sul “ruolo della musica nella strutturazione dell’identità di un popolo”, rivelandosi il perfetto abbrivio per la manifestazione “Aspettando il Festival”, svoltasi dal 18 al 21 agosto sul lungomare e alla kermesse stessa, dipanatasi attraverso la classica quattro giorni svoltasi dal 22 al 25 agosto a Caulonia Superiore.
Confermando e consolidando una formula collaudata con successo già l’anno passato, ai “concerti d’ascolto” del prime time, svoltisi tutti i giorni alle ore 20, sono state affiancate le lezioni Tarantella Riggitana, Pizzica Salentina e Ballettu Siciliano, che hanno intrattenuto il pubblico andando a completare il programma de “La Tradizione di Danza”. In questo ambito, molto apprezzati sono risultati i concerti svoltisi sotto i riflettori dell’affresco Bizantino o della Chiesa del Rosario, che hanno avuto per protagonisti Fabio Tricomi e il suo concerto delicatissimo e ricco di fascino; Fabio Macagnino e Cataldo Perri, impegnati a mettere in musica le toccanti parole di Carmine Abate durante la reading musicale “Identità: Musica e Parole”; Matilde Politi e Nino Racco, che ci hanno illustrato le differenze tra il cantastoriato siciliano e quello calabrese; i Tenores di Bitti e Fabio Vargiolu, che ci hanno accompagnato per mano attraverso un magnifico viaggio relativo alle tradizioni e ai ritmi della musica sarda.
Come di consueto, il piatto forte di ogni serata è stata il concerto di Piazza Mese, che ha riscosso in ogni occasione un impressionante successo di pubblico grazie all’organizzazione affidata a quattro direttori artistici storici del KTF e alla partecipazione di artisti di primo piano del panorama folkloristico italiano e internazionale.
La prima serata, coordinata da Danilo Gatto e Antonio Critelli, è così ruotata attorno alla straordinaria esibizione che il musicista spagnolo Hevia ha prodotto assieme all’Orchestra Popolare Calabrese, che ha reso possibile l’incontro tra due culture, quella galiziana e quella calabrese, apparentemente distantissime tra loro, unendo, forse per la prima volta, i suoni aspri della nostra zampogna a quelli, acutissimi e meravigliosi della cornamusa elettronica (la Gaita Midi) di Hevia. La seconda serata ha avuto invece come tema di base gli stili incrociati ad ispirazione popolare e, grazie alla direzione artistica di Paolo Dossena, ha visto salire sul palco lo storico gruppo degli Agricantus e un’incredibile quantità di virtuosi di uno specifico strumento musicale: Arnaldo Vacca e Alfio Antico con le loro percussioni, Francesco Buzzurro e la sua chitarra-orchestra, Giuseppe Milici e l’armonica cromatica, Nicola Giammarinaro e il suo funambolico clarinetto, oltre, ovviamente alla star del sassofono jazz Francesco Cafiso, che ha stupito il pubblico con perfetti fraseggi e virtuosistiche articolazioni del suono. La terza serata ha dunque visto salire sul palco una vecchia e graditissima conoscenza del Festival: parliamo naturalmente di Eugenio Bennato che, nella doppia veste di direttore artistico e musicista si è accompagnato per l’occasione a due gruppi strettamente connessi alla sua scuola: quello dell’artista folk reggino Mujura e il quartetto vocale Sponda Sud, che hanno scaldato il cuore del pubblico, avendone in cambio apprezzamento e grandissimo entusiasmo. Il gran finale è stato dunque affidato alle capaci mani di Mimmo Cavallaro, che per il secondo anno consecutivo ha voluto unire i propri ritmi quelli di un fenomeno musicale internazionale. Special Guest dell’ultima serata, infatti, è stato il gruppo londinese dei Tamburi Taiko del maestro giapponese Joji Hirota, che ha permesso al pubblico di ingannare l’attesa per il grande chimico della tarantella attraverso una magnifica esibizione dei ritmi ancestrali della cultura orientale. Cavallaro, a sua volta, non si è limitato al proprio repertorio, ma ha voluto dimostrare che due culture musicali quasi antistanti come quella della tarantella calabrese e quella sarda dei Tenores di Bitti possano convivere sullo stesso palco, un progetto speciale destinato a divenire il simbolo dell’edizione appena conclusa del Festival.
Tutti questi elementi hanno contribuito a rendere quella di quest’anno una manifestazione di altissimo livello, degna di celebrare al meglio i vent’anni di storia di una kermesse di musica etnica che si conferma tra le più importanti dell’intera nazione, assolvendo a pieno al ruolo di Festival non impegnato sterilmente a riproporre, bensì a cercare nuove strade per offrire a pubblico e agli artisti nuove chiavi di interpretazione del passato e del presente, strizzando l’occhio a una inevitabile evoluzione verso il futuro.
Vi aspettiamo il prossimo anno!

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