Non è stata la solita occasione per sciorinare dati e percentuali, l’edizione 2018 della Giornata Internazionale della Donna dell’Associazione nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro (Anmil). Al di là della presentazione da parte del presidente della sezione provinciale, Luigi Cuomo, dell’andamento degli infortuni al femminile redatta dall’Inail – dalla quale si evince che in Italia, nel 2017, si sono registrati 228.744 infortuni, di cui 179.074 in occasione di lavoro e 49.670 in itinere, con una riduzione pari al 7,4% rispetto al 2013 – è stata la testimonianza di Silvana Ciciarello, dipendente dell’Ufficio Scolastico Provinciale, a destare alta l’attenzione dei partecipanti all’incontro di mercoledì mattina a Palazzo di Vetro.
Non è semplice per una donna seguire la trafila burocratica per vedersi riconosciuta la propria invalidità venutasi a determinare sul posto di lavoro, figurarsi raccontare in pubblico la disavventura che l’ha vista protagonista. Per Silvana, quindi, incalzata dalle domande della giornalista Benedetta Garofalo in qualità di moderatrice, e dello stesso presidente Cuomo che ha preso a cuore il suo caso come presidente dell’Anmil, si è trattato di rivivere l’incidente capitatole nel 2013, mentre accompagnava una persona non vedente che le era stata temporaneamente affidata. Per farle da scudo durante una rovinosa caduta dalle scale, si è così ritrovata con entrambe le braccia fratturate, il naso rotto ed il viso completamente tumefatto: a causa di quella caduta, Silvana è ritornata solo dopo otto mesi al lavoro, ha affrontato operazioni e attività riabilitative varie per ritrovarsi non più abile come prima e senza il riconoscimento del proprio stato di invalidità e di quanto subìto nell’esercizio della propria attività lavorativa.
Silvana si è, così, ritrovata sola dal momento in cui si è recata al pronto soccorso fino ad oggi, senza che nessuno le dicesse come agire per vedersi riconosciuti i suoi sacrosanti diritti. Silvana, restia come tutte le donne a denunciare gli infortuni per le difficoltà psicologiche ad accettare eventuali menomazioni, oltre che legate alla bassa autostima che condiziona l’incapacità di ricostruire una serena vita affettiva familiare, sociale e lavorativa, è il riflesso della categoria al femminile di professioniste e casalinghe che spesso non sa di quali diritti gode. E non è mancato un accenno alla condizione delle giornaliste, che da “freelance” vivono nel pieno precariato, senza alcuna copertura assicurativa, in un mercato libero in cui è l’editore a dettare i prezzi delle varie prestazioni.

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